Giovan Battista Pergolesi
Dopo il successo della rappresentazione de Il Flaminio a Teatro Nuovo di Napoli sente l’acuirsi della tubercolosi, i cui sintomi gli impongono di
Ricorrere ai fomenti nell’antica solfatara.
Luogo tradizionalmente dedicato alla ventilazione respiratoria forzata per bronchi e polmoni.
Sorretto da un carrettiere si sottopone, in un ambito naturale di carattere infernale, al benefico esercizio.
Trovare riparo, presso il rinomato Convento dei Cappuccini, nell’asciutta e solatìa Pozzuoli, appena alle porte di Napoli, con la splendida vista sulle isole dell’arcipelago campano.
Proprio mentre vi si trasferisce in carrozza, appena rallentata in prossimità di un affollato mercato scorge, appena dietro un tendina della carrozza, il dettaglio di una bella popolana che piange.
Se ne ricorderà di lì a poco quando…
Nel chiuso della cella, sfogliando nella notte il carme medievale di Jacopone da Todi, si mette all’opera per comporre il suo ultimo lavoro.
Quando sull’ultima pagina dello spartito la mano verga ‘Finis Laus Deo’ il capolavoro è terminato.
Lo ‘Stabat Mater’ è consegnato all’umanità e Giovan Battista Pergolesi, ad appena 26 anni, ma piegato dalla malattia, muore, all’alba.